Scrivimi sulla pelle.
Lo senti lo stridere delle parole sulla nostra pelle? Sulla mia schiena, tra le scapole, incidimi un haiku. Voglio spiccare il volo. Voglio vedere le mie ali straziarsi tra il silenzio che m’hai calzato, misurato a pennello da un suono che annoda una nota nascosta.
Voglio solo che le mie dita aderissero all’incastro del tuo cuore. Voglio solo volare, scintilla tra scintilla, stella sfiorita tra i soffi infuocati del tuo inchiostro.
Dimmelo, davanti al burrone, al vuoto. Dimmelo che lo ami, il vuoto. E che ne vorresti carpire l’ultimo riff di chitarra che t’impiglia alla salvezza. Sei il mio drappo più bello. E ricami in volo, l’ultimo, lo sdrucirsi di quest’amore. Consunto, corroso. Dimmi, adesso, ti piace di più?
Helsinki. Con le parole come spuntoni di ghiaccio, come cristallo festoso. Voglio solo che il tuo corpo di gelo aderisca al mio cuore nascosto. Anime in collisione, macchie lontane.
Dimmelo. Era ottobre, anime pie stracciate nei velluti di uno scricchiolare di silenzio, e me l’hai detto. Scrivere fa male. Scrivere fa male.
Di nuovo, insieme, scrivere fa male.
Scrivere sono le nostre lame infilate tra una gamba e l’altra, tra un braccio e l’altro, tra una frase e l’altra. Tra un battito e l’altro. E stringiti attorno, perché è un treno di mani che imbullonato all’acqua fa ta-ta-ta! Non vorrei vederti cadere.
Incanto dannato.
Guardami, sfiorami o catenacci di ferro rinchiusi a questo palo maledetto conficcato in mezzo al mare. Tempesta. Tempesta. Tempesta di frasi sfumate nel nulla. Raccogli la loro spuma. Perché è bella. E solo per questo.
Scrivere fa male, scrivere è un fantasma che va indossato.
È un sentiero che va mirato.
E sparaci al centro, così ci moriamo assieme di parole.
Mi vedrai svanire, la tua lettera più bella, tra la risma di pallottole che hai sparato dalle tue dita.
- "Ah! non credea mirarti / Sì presto estinto, o fiore"
Vincenzo Bellini.
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