domenica 20 marzo 2011

A postcard for the sky

A lei, che è il fulcro di ogni rosa, che è ogni autunno a vestire e svestire di sentimenti e peccati un giorno d’oro, un incubo d’argento.
 
* * *
Una cartolina per il cielo. Mandale i saluti di sospiri smarriti, e mille estati ancora davanti e tanti inverni sepolti in antri di te.
Mandami un cartolina.
Per il cielo.
Prima che tutto si chiuda e non rimanga che un filamento d’inchiostro tra la carcere dei tuoi silenzi. Neve, neve. Luna sbrogliata d’altri panni, vestita di ricordi come toppe dal taglio distratto, cucite addosso da una sarta orba.
- Eppure è bellissima… -
Ritorna da me, piccolo sussurro.
– Ti ho chiuso in una carta da lettera sigillata con un gemito di protesta per non dirti addio –
Sparks will fly
Beneath the luna alight,
Lazarus at Frankestein,
baby i’ll be a flightliner
for a heartkiller.



E volerà; tu, lei, tutto, sopra un cielo d’acquamarina dipinto da una rondine. Che, oh, che…
Fenice d’argento sfiorerò ogni traccia d’inchiostro che ha assaporato il crepuscolo.
“Ti ho disegnato su una carta troppo stretta per incidere, uccidere, il mio amore.”
Hai acceso una scintilla, una vampa sottile, un clamore sulla mia pelle.
– Incidimi –
– Dammi la mano –
– Moriamo –
E finché avremo soffiato tutte le stelle del cielo non sarà successo nulla. E se vedremo la sua scia, cometa, insicura, turbare il torpore malato del cielo, grideremo di piacere perché ci ha distrutto.
Non ho ancora finito di sentire il respiro di tutto ciò… Sa di sangue, sai?
Non è acido, né miele a imbrogliare le nostre lingue. È siero che ha attaccato le lettere una all’altra – fino ad ora – e non ci lascerà mai.
Sei la mia A più bella.
Vestita così, vestita di nero e di blu.
Vestita così, vestita di rosso peccato che ha sbavato leggero il nostro sentiero.
– Inquinami –
– Non ti chiedo altro –
Voglio pure che il tuo schizzo più piccolo, arte consunta nella sua poesia, sfiori i miei pensieri. Compagna preziosa di mille sospiri sussurrati per legare una frase a una stretta che percorre la tua schiena. E indugia, un istante all’altezza del cuore, impudente scivola d’amante.
– D’abbraccio –
Ho sparso tanto inchiostro blu sul tuo corpo, così quando ti sveglierai potrai seguirmi.
Potrai, inseguire, questi nastri maldestri per il tuo attacco di cuore.
– Non ti lascerò morire a lungo –
Se tu soffierai del tuo tramonto arrossato le pareti del foglio.
* * *
Hai mai ballato?
Ballato davvero, col cuore che urla perché alle caviglie si sono imbrogliate tutte le bugie dei tuoi sentimenti. In nastri d’organza.
Cosa vuoi? Tramonto spezzato.

Lei è una ballerina della compagnia caduta. Non ha mai avuto un coreografo. Né un amante che le spegnesse ogni fremito in gola. Solo note – e bottoni –.
Note e bottoni – e soffioni –.
Note, bottoni e soffioni.Buttons_by_larafairie
Raccoglie le sue vesti da terra. Sono così ruvide. Sì, sono la tela su cui hai dipinto la tua musica.
Fa un passo. S’alza su una punta, ricade, storto, dritto, volteggio! È un’approssimazione di speranza.
« Dammi un nota. »
Che sia un sol, non so, forse un do. O la fragilità di dire re-mi.
Dimmi di sì.
Allora i suoi passi fanno: la-la-la, sol, la, si, mi – fa – re – mi – do…
Qualcuno ti ha mai imbracciato tra le sue poesie… d’inchiostro?
Prendi una nota, un bottone, un soffione.
E stringiti questi fasci di luna nascente addosso.
Bum!
È solo un fiore rinchiuso in se stesso. Abbracciata da sottili tracce di penne diverse, strappa i bottoni col sussurro di do, do, do. Poi sorride.
Avvicina un bottone all’occhio. Lo spiraglio, il traforo di là dove passa l’ago. E vede, persa, dispersa, smarrita. Sarà un altro mondo.
Una parola, una frase, una lettera che sia.
Mutare nel caldo bacio di poesia e lasciare ancora tesi filamenti a terra. Prendili, prima che finisca.
– Si – do – re – mi – fa – sol – la – si.
«Hai mai sfiorato
Le lettere del tuo silenzio,
e rotto ogni pensiero velato,
e avvolgere gli strascichi bugiardi
di questo volo,
sa d’assenzio.
E meraviglia dal sonno malato.
Svegliati, oh mia ballerina, sopra
Il letto solo aghi di morfina,
nel tuo cuore solo cenere di petardi
scoppiati ai tuoi passi
sempre più insicuri
sul mio corpo,
e chiudi gli scuri
che sarà solo il tarpo
di questo fiato.
– Allora, mi hai mai sognato? – »
* * *
Qualche giorno dopo Tempesta dette Neve, e Neve dette Furia. E la ballerina, rinchiusa in stanze di sé, aprì la lettera. Un ammiratore sconosciuto, una fiaba infame, una storia riversa sul lago della sua vita.


La ballerina della compagnia caduta raccolse le sue vesti d’amante, di strega, di fata perduta, allora. Raccolse la sua stessa orchestra, frattaglie d’oro a rompere note di legno, e partì. Per dove, ancora, non sa. Con chi, forse è un miraggio che fracassa il silenzio e gli sussurra attimi di speranza al sangue ormai arido.
Voglio strappare l’ultimo gemito di passione alla luna.
E forse legheranno le loro mani, e forse si getteranno… Oh! Che paura, li vedi? Caduti come immigrati nel cielo in un sogno di polvere. Chi è costei, che li accetta? Un bacio di luna tra le coltri di cenere e gelo. Un soffio d’argento in un lenzuolo d’alba sbiadita. Cancellata.






















































































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