Ho provato ad averti, desiderarti, ho infilato un nastro d’alba tra l’ansito e l’altro del nostro di stacco. E ora corriamo, il tuo calore scinde le ore come fere d’inferno, d’inverno, e trapassi coltri instancabili, calme, così fragili che sotto la presa delle tue orme crepano gentili.
Imbraccio una candela, esasperante, che arde le brucianti anse di una strada, più larda, di un’ora più calma, vibrante. Mi sento un filamento bramoso di corrente tra le mani di qualcun’altro. Se stringe ancora di più, la crepa falcia l’inclinazione nell’ombra e la face avvizzisce come lavande di cristallo cadute.
Vuotamelo ancora, l’elisir dei tuoi occhi.
Meno un giorno, – qualche ora – devo solo aspettare pomeriggio. E il mondo finisce.
I Can Wait Forever. Ma il tempo è scaduto e la coreografia sta per mettersi in piedi da sola. Un, due, tre!
Brap- bra-p, brap-brap-brrraaaap!
Oh.
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